L’opera teatrale Rapsodia Pirandelliana, elaborata con acuto dinamismo
ed in maniera del tutto originale, è distaccata dai canoni estetici tradizionali,
risultando molto efficace anche in termini di coinvolgimento,proprio per l’uso d’un
singolare linguaggio (sia drammaturgico, che musicale),teso, inusitato,col quale
i personaggi,rappresentati in una performance divertente e spassosa,si esprimono.
Personaggi i quali in continuo movimento vitale, assumeranno talvolta atteggiamenti
comici, bizzarri, grotteschi, o talvolta, si narreranno in modo pungente incisivo,
distaccato, diventando pure travolgenti, impassibili : da questo flusso di alternanze
prenderanno forma ed emergeranno nitidi i concetti Pirandelliani.
Il filo conduttore è Cotrone –L’Utopia (il Mago, ispirato ai Giganti della Montagna),
personaggio astratto dal mondo che ha il compito di fornire l’alimento dei sogni,
tenacemente sostenuto da “Apparenze” , che musicalmente consolidano ed
evidenziano le forme ,le astrazioni, che l’impianto narrativo intende significare.
L’opera si aprirà col preludio orchestrale “Fuori di Chiave“ (caro alla poetica di
Pirandello), un concerto disarmonico che è la metafora della vita (ovvero la vita,
come un concerto che culmina in un insieme di note dissonanti, privi di armonia).
E così nel corso della rappresentazione, quasi a venir fuori dalle novelle,
si materializzeranno personaggi dominati dalle circostanze, dall’imprevisto.
Si identificherà Cirluvì ( il Cirlinciò de “La berretta di Padova); o Saru Argento
(La Verità),meglio noto come Tararà; o Il prof. Fileno (Tragedia di un Personaggio)
imprigionato nella fantasia creatrice dello scrittore; o sortirà l’improvvisa alienazione
del contabile Belluca,(il treno ha fischiato) frustrato e deriso dai colleghi.
Personaggi che tenderanno a dissentire, riscattarsi,ribellarsi, per impedire la
spietata analisi che inevitabilmente ne metterà a nudo miserie e grandezze.
Alla base della visione pirandelliana del mondo vi è una concezione vitalistica :
la realtà tutta è vita, flusso continuo, incandescente, indistinto. Concetto che
emergerà chiaro nell’epilogo: mentre l’uomo crede di essere uno, per sé e per gli
altri, in realtà è “tanti individui” diversi, a seconda di chi lo guarda.